martedì 22 febbraio 2011

Pato: il fenomeno brocco.

Photocredit sporth24.com
Per la serie "gli sbalzi d'umore pallonaro", non possiamo non concentrare la nostra attenzione su un altro esempio  lampante di come siano saltati tutti i parametri di giudizio "ordinari" negli ultimi anni.

Mi chiedo come sia possibile, infatti, che un giocatore del calibro di Pato, nazionale brasiliano, 21 anni appena compiuti, 62 goal in 126 presenze col Milan (solo in campionato), possa di colpo diventare un oggetto misterioso, un peso, addirittura una palla al piede per sua maestà Ibrahimovic. Ovviamente solo quando non segna.

Perchè basta che metta in mostra dieci secondi della sua classe, magari dopo una partita totalmente anonima, ed ecco che diventa il salvatore, l'imprescindibile, la quarta colonna del tempio milanista.

Ma cosa si vuole di più da questo ragazzo, per lasciarlo crescere tranquillamente? Negli ultimi vent'anni un solo giocatore aveva fatto più di quello che ha fatto Pato alla stessa età, era brasiliano come lui, si chiamava Ronaldo e calcava i campi spagnoli con la maglietta blaugrana del Barcellona. E l'abbiamo salutato non più di 10 giorni fa come uno dei calciatori più forti di tutti i tempi.




Si può pretendere ancora di più da un ragazzo che ha raggiunto il suo pieno sviluppo fisico solo da un annetto a questa parte, che è appena uscito dall'adolescenza? Si può bruciare così un campione, lasciandolo fuori quando sbaglia qualche partita, rimproverandolo ad ogni piè sospinto, forti di 10 anni di carriera in più?

E invece ecco arrivare i plotoni d'esecuzione, tifosi, tecnici, opinionisti, a frotte, tutti pronti ad esaltare il campione quando segna, anche per sbaglio, ma che non esitano a ridipingerlo come l'anticalcio non appena si azzarda a sbagliare un dribbling, o a non passarla a sua altezza Zlatan.

Ricordo che non avevo una buona opinione della buonanima di Giorgio Tosatti, il quale all'inizio di ogni puntata di 90° minuto esprimeva le sue opinioni non proponendo altro che il riassuntino di ciò che era successo: Juve/Milan/Inter hanno vinto? Fortissimi. Hanno perso? Da rifondare.

E lo stesso accade con Pato: montagne russe di lodi sperticate e critiche feroci che farebbero invidia al più spericolato dei giostrai, e che si alternano a distanza di pochi giorni le une dalle altre. Basta un goal per diventare un campione, così come una prestazione un po' più giù di tono per essere relegati a primi candidati per la panchina.

E' vero, il campionato italiano si è impoverito, di gioco, di idee, di soldi, e di campioni. Ma se questo è l'atteggiamento, di fronte a talenti cristallini che calcano i nostri campi, non fatichiamo a capirne il perchè.





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