martedì 22 febbraio 2011

Altro giro, altra corsa.

Diciamoci la verità: sappiamo tutti che ormai la programmazione nel calcio è sempre più rara.

Negli anni '80 le situazioni cambiavano radicalmente alla fine di un ciclo, poi si è cominciato a vedere qualche esonero in più, qualche cambio societario, qualche giocatore che arrivava per ripartire un annetto dopo, senza che lasciasse grandissime tracce nel nostro campionato.

Il ritmo dei cambiamenti, e degli sbalzi d'umore, era comunque ancora accettabile fino a qualche tempo fa. Da una decina d'anni a questa parte, però, tutto il mondo del calcio sembra un po' come il Bianconiglio di Alice: è sempre di fretta, non si può aspettare, tutto, subito, di corsa, un rotolamento continuo che prende ogni giorno una spinta da un lato o dall'altro, senza che si riesca a rallentarne minimamente la corsa, giusto per riflettere con un po' di calma su ciò che sta succedendo.

E non si parla nè di anni, nè di mesi, nè di settimane, ma di giorni. Nel giro di 2-3-4 giorni, può essere detto e fatto tutto ed il contrario di tutto.

E sono proprio di questi giorni i due esempi più illuminanti di questa schizofrenia incontrollata che si è ormai impossessata di tutto il mondo del pallone, in particolar modo dei famosi giornalisti/editorialisti/opinionisti che si accalcano sugli spalti (reali o televisivi che siano).



Il primo è la Juve di Delneri (del secondo parlerò nel prossimo articolo): alle 22.50 di Domenica 13 Febbraio era ufficialmente tornata la grande Juve.
Titoloni sui giornali, tifosi in festa nelle piazze, "la svolta", "la rinascita", "l'araba fenice che risorge dalle proprie ceneri", e chi più ne ha più ne metta. Delneri assurge a nuovo Sacchi, Matri, che grazie al suo goal aveva improvvisamente trasformato la grande delusione del campionato in principale sfidante per i primi posti, viene dipinto come il nuovo Van Basten. Oltre la Roma, oltre il Napoli, oltre l'Inter, adesso c'è la Juve, e non farà sconti a nessuno. Certo, forse (e ribadisco, forse) per lo scudetto era ormai troppo tardi, ma finalmente la Vecchia Signora era tornata a far sentire la propria voce.

Meno di sette giorni dopo (sette giorni), il patatrac; i futuri palloni d'oro Mesbah e Giacomelli spezzano i sogni di gloria bianconeri, i quali tornano improvvisamente all'inferno, Tuttosport (sempre molto pacato e sobrio nei suoi titoli) urla "Capolinea Delneri", circolano nomi all'impazzata, i campioni della settimana precedente, quelli da riscattare a tutti i costi, quelli che saranno i capitani del futuro, beccano una sfilza di 4 da fare invidia a Pierino.

La Juve passa in un fiat (mai opportuno quanto oggi) dalle stelle alle stalle, i suoi dirigenti e tecnici da geni a incapaci, la dirigenza da storica a inetta.

Ora i casi sono due: o la Juve è formata da brocchi, buoni per salvarsi ma indegni di puntare a più altri traguardi, che devono  battagliare con tutto il resto della truppa di Serie A per levarsi qualche soddisfazione, oppure è una corazzata imbattibile, guidata da un genio della panchina, con un budget acquisti sconfinato, tutto speso come meglio non si potrebbe.

O forse avevano ragione gli antichi quando affermavano che in medio stat virtus?

Non è semplicemente molto più credibile che la Juventus sia una squadra formata da buoni giocatori, forse anche 1-2 campioni, altrettanti potenziali, ma il cui destino è comunque quello di lottare alla pari con altri "plebei" che rispondono al nome di Lazio, Palermo, Udinese, per ottenere uno stiracchiatissimo quarto posto, vero ed unico obiettivo raggiungibile dalla rosa attuale? E' vero che non sono state tante, ma in fondo l'Inter qualche altra sconfitta negli ultimi anni l'ha subita, ma non ricordo che Catania ed Atalanta, giusto per citarne due, siano state dipinte come squadre da Champions, dieci minuti dopo aver battuto i nerazzurri (di Mourinho).

Eppure il mondo del calcio non fa sconti. Juve vince? Scudetto! Juve perde? Tutti fuori! Il che potrebbe anche stare bene se a parlare fossero solo i tifosi, non obiettivi, irrazionali, emozionali per definizione, ma è possibile che società e mezzi d'informazione impazziscano a tal punto da stare dietro ad ogni minima variazione delle condizioni di un gioco, da sempre, imprevedibile?

Per chiudere vi propongo un gioco: cosa sarebbe successo se Eto'o avesse tirato il pallone solo cinque centimetri più in basso, segnando anzichè colpendo la traversa?

Sì, cinque centimetri possono cambiare la vita, ma possono cambiare un'idea?


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